Il Caporale del Terzo Reggimento Alpini di Pinarolo è il punto di riferimento per tante donne protagoniste dei recenti sbarchi. “Qui si respira un clima di speranza”.
Roma – 24 ottobre 2013 – Ahlame Boufessas è una giovane soldatessa italiana di origine marocchina che oggi al centro di prima accoglienza di Lampedusa è un vero spiraglio di luce per le tante donne che hanno attraversato il Mediterraneo per ricostruire una vita migliore. Il Caporale alpino non è una semplice soldatessa è un mediatrice linguistica, un ponte tra i migranti e le istituzioni italiane.
Boufessas è nata in Libia da genitori migranti marocchini e nel marzo del 2008 ha effettuato la più grande dichiarazione d’amore che una persona possa fare nei confronti del suo Paese: si è arruolata nell’Esercito.
“Nel ’86 per via della guerra che scoppiò in Libia, io e la mia famiglia siamo scappati e siamo venuti in Italia. Avevo un anno e mezzo quando ci siamo trasferiti a Biella, in cui ho sempre vissuto e dove ho svolto tutti i miei studi”.
“L’Italia, in particolare la mia città, ci ha accolto benissimo ci hanno sempre fatto sentire parte integrata della collettività”.
“Sin da piccola sono sempre stata attratta delle divise, dall’uniforme e dal senso di autorevolezza che trasmettevano. Poi il caso volle che un’amica, anche lei di origine marocchina, si arruolò nell’Esercito Italiano. Questo suo gesto e i suoi racconti, pieni di entusiasmo, mi hanno dato il coraggio di fare lo stesso passo. Così ho partecipato al concorso pubblico, avendo tutte i requisiti in regola e mi sono arruolata. Ovviamente uno dei requisiti fondamentali per passare il concorso era quello della cittadinanza; fortunatamente sono diventata italiana quando ero minorenne, grazie ai miei genitori che quando l’hanno ottenuta loro l’hanno trasmessa anche a me”.
“Oggi sono Caporale nel Terzo Reggimento Alpini di Pinarolo. Ho scelto di arruolarmi negli Alpini perché sono cresciuta tra le montagne, è il mio abitat naturale”.
Il servizio militare femminile in Italia oggi è su base volontaria ed è stato introdotto con una legge nel 1999.
“Ancora oggi vedere una donna in divisa solleva molta curiosità, penso sia “normale” che io e altri collegi di origine straniera attiriamo l’attenzione di molti. Io mi sento italiana al cento percento e ho sempre ricevuto il giusto rispetto sia all’interno che all’esterno dell’Esercito”.
“I primi giorni di arruolamento sono stati duri, ero lontana da casa, ho imparato ha conoscere i miei limiti, ma credo che quando uno vuole raggiungere un obbiettivo è inevitabile dover fare dei sacrifici. Fortunatamente ho sempre avuto il sostegno della mia famiglia e questo è stato uno stimolo in più per continuare il mio percorso”.
“Oggi sto operando qui a Lampedusa nell’ambito dell’operazione nazionale “Strade sicure” per la quale sono stata selezionata in seguito ad una ricerca su tutta Italia. Il mio compito è quello di vigilare per assicurare l’ordine e la scurezza all’interno del centro di prima accoglienza dell’isola”.
“Oltre a questo mi capita di opero anche come mediatore linguistico perché parlo l’arabo; è la lingua che i miei genitori mi hanno trasmesso da quando ero in piccola. Molte donne trovano conforto nel vedermi qui, prima di tutto perché si sentono più a loro agio e inoltre il fatto che parliamo la stessa lingua è un ulteriore vantaggio ed elemento di tranquillità, dopo tutto quello che hanno passato”.
“Quelle che ho incontrato qui sono tutte donne piene di coraggio, hanno rischiato la vita per dare un futuro ai loro figli, non è una cosa da poco. I giorni al centro non sono facili, ma c’è un fortissimo clima di speranza che ci fa andare avanti”.
“il fatto che io conosca altre lingue mi da una marcia in più, infatti vorrei impararne altri per continuare ad operare nell’Esercito come interprete”.
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Samia Oursana