Loren Balmores, una giovane lettrice di Akoaypilipino.eu, interviene sulla gag del conduttore di «Avanti un altro!» che ha fatto infuriare la comunità. «Ribrezzo per quell’orrenda imitazione. Chiediamo rispetto».
19 novembre 2013 – «Mi chiamo Loren. Sono una ragazza Filippina, nata a Libia e cresciuta a Firenze. Vorrei condividere il mio ribrezzo verso l’orrenda imitazione di Paolo Bonolis sul programma «Avanti un Altro» del «tipico filippino». Lo so che non dovrei essere così permalosa, è «solo» un imitazione, si fa per ridere. Ma a me sembra che qui stiamo generalizzando un pò troppo.
Io sto terminando i miei studi universitari in Lingue. Mia madre è infermiera. Mio padre è un architetto. Un mio amico si è laureato recentemente a Firenze con la lode. Il ragazzo filippino della mia cugina è ingegnere.
Milioni di filippini qui in Italia sono laureati, ma vuoi per ragioni economiche, vuoi per raggiungere sogni ed illusioni, hanno deciso di fare altri lavori.
In caso gli altri non lo sapessero, non siamo solo «filippini«, siamo molto di più. Siamo persone piene di sfumature, ci piace mangiare, stare insieme, ci piace ridere, sorridere. Abbiamo una cultura vasta, lunga, profonda, antica. Abbiamo conservato grandi valori oramai rari come il rispetto per la famiglia, per la persona più anziana, il valore del duro lavoro, della lealtà ed onestà.
Per noi, caro Bonolis, l’inno nazionale non è una semplice canzone, non è un motivetto che deve essere cantato prima di una partita importante. Ha un significato più profondo, è segno del nostro amore per la patria, della nostrà identità comune, serve per ricordarci che abbiamo lottato per la nostra indipendenza, lo cantiamo per non dimenticare chi siamo.
Non è la prima volta che sento chiamare una PERSONA che si occupa delle faccende domestiche «Filippino». «Ci pensa il filippino», «Domani deve venire il Filippino».
Mi piange il cuore sentir parlare una persona in questo modo. Mi duole pensare che nel 2013 ancora esistono persone che non riescono ad andare al di là delle etichette sociali, delle proprie chiusure mentali.
Vorrei che si dimostrasse il fatto che il termine «Filippino» non è sinonimo di «domestico» che non riesce a parlare correttamente, ma che per una volta, anche solo una, si potesse vedere in noi lo spirito di sacrificio per la famiglia, i valori della nostra cultura e società, l’amore e devozione quando noi, «filippini», curiamo i VOSTRI genitori, diamo loro da mangiare, li puliamo, li laviamo, gli diamo l’amore che altrimenti molti non sarebbero in grado, o non riuscirebbero, a dare ai propri cari. Ma di nuovo, siamo forse bravi a fare solo quello?
Caro Bonolis, care persone che ridete innocentemente sulla sua imitazione, sul suo modo di parlare che teoricamente dovrebbe riflettere il nostro accento, siete sicuri di fare la cosa giusta? Siete sicuri di strappare sorrisi a tutti coloro che vi guardano?
Noi paghiamo le tasse. Lavoriamo duramente, senza lamentarci, a testa bassa. Siamo regolarmente soggiornanti in questo paese, rispettiamo i doveri ed i diritti presenti all’interno della costituzione Italiana. A nome di tutti i filippini in Italia, mi pare doveroso chiedere un minimo di rispetto anche nei nostri confronti
Sopratutto in questo periodo, dove le FIlippine stanno combattendo per rialzarsi dal tifone Yolanda, da quella botta che ha colpito fortemente e violentemente la nostra terra, vorrei che qualcuno facesse capire che generalizzare troppo può ferire un’intera Nazione, che non è il momento, che non riflette chi noi veramente siamo, la nostra essenza. Quando la gente si mette a ridere, mi fa male, perchè è come se tutti cominciassero a mettersi in testa che si, siamo buoni solamente a pulire il bagno, che ai VOSTRI occhi sembriamo stupidi, che non sappiamo parlare, che abbiamo in mano il cencio per pulire.
«Fateci un favore, ridete della vostra politica».
Loren Balmores