Il governo aggiunge un capitolo su «Diversità e integrazione» alla riforma della scuola. Faraone: «No a classi ghetto e inserimenti in ogni momento dell’anno».
Roma – 27 gennaio 2015 – Tra i dodici punti de “La buona scuola”, piano di riforma presentato lo scorso settembre dal governo, spiccava l’assenza di riferimenti alla sfida rappresentata dai figli degli immigrati tra i banchi. Ottocentocinquantamila alunni non italiani con esigenze specifiche, a cominciare dall’apprendimento dell’italiano.
Ora che il decreto che dovrà attuare quella riforma si avvia al varo da parte del governo (dovrebbe essere licenziato entro un mese dal consiglio dei ministri), dal ministero dell’Istruzione assicurano che è in arrivo anche un tredicesimo punto, dedicato proprio al tema “diversità e integrazione”.
Innanzitutto, si punta su docenti qualificati per l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua, già in organico o da stabilizzare. Costituiranno «task force» attive non solo durante l’anno scolastico, ma anche d’estate, per organizzare laboratori dedicati ai nuovi arrivati e facilitare e velocizzare il loro inserimento nelle classi.
“Bisogna garantire agli studenti stranieri la possibilità di essere inseriti in classe in qualsiasi momento dell’anno, perché non possono ripetersi episodi di bambini che devono aspettare mesi per trovare un’aula che li accolga” spiega sul Messaggero il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone.
Un obiettivo per il quale andranno accantonate risorse specifiche. È per questo che una quota fissa dei fondi per la formazione del personale sarà destinata proprio a chi opera in contesti multiculturali.
Il governo vuole poi intervenire sulla quaestione dell’eterogeneità delle classi, per evitare che all’apertura di ogni anno scolastico ci si trovi con classi ghetto formate solo da alunni “stranieri”. “Classi composte interamente da bambini cinesi e classi con soli ragazzi italiani come accade da anni a Prato – conferma Faraone – rappresentano delle patologie che dobbiamo assolutamente modificare”.
La soluzione saranno ancora una volta le quote. Più che indicare un tetto massimo di alunni non italiani (come il 30% fissato a suo tempo dalla Gelmini), il governo vuole puntare a un tetto minimo. Dove è più forte la presenza di figli di immigrati e quindi il, rischio di ghettizzazione, bisognerà prevedere in ogni classe dei posti riservati a questi ragazzi, in modo da garantire una più equa distribuzione.
Stranieriinitalia.it