Il regista bolognese tra soldati afroamericani e seconde generazioni in Italia. “Minoranze costrette sempre a dimostrare qualcosa”.
Roma – 8 gennaio 2013 – «Sono nato da una coppia mista, mamma italiana e papà ghanese, e sono cresciuto a Bologna negli anni ’70. A quei tempi quasi non si parlava di diversità e di immigrati in Italia. Non credo che la doppia provenienza dei miei genitori mi abbia influenzato direttamente, ma sicuramente in modo indiretto lo hanno fatto» racconta il regista Fred Kuwornu.
Dopo il liceo a Ferrara torna nella sua città natale per iscriversi all’università dove si laurea in scienze politiche e si specializza in sociologia della comunicazione. «Il mondo della comunicazione ha sempre fatto parte della mia vita, infatti da quando avevo sedici anni iniziai a collaborare per una radio a Bologna. Facevo il disc jockey, era divertente, mettevo su pezzi e conducevo. È stata una bella palestra, che mi ha aiutato tantissimo nel mio percorso televisivo e nel cinema».
Un po’ per gioco e po’ sul serio Fred si butta nel mondo televisivo, inizialmente con la conduzione di un quiz su La 7, in seguito viene coinvolto in RAI come autore di format tv e di programmi televisivi tra cui «Italia che Vai» e scrive i testi ai conduttori per circa 4 anni.
«Ma la mia più grande fortuna – dice – è stata la possibilità di lavorare con Spike Lee nel 2007 quando è venuto in Italia a girare «Miracolo a Sant’Anna». «Ai provini per il film, mi scelsero come controfigura e in quell’occasione ebbi la possibilità di conoscere Spike Lee e di innamorarmi del suo mestiere».
Il film di Lee racconta la storia di quattro soldati afroamericani appartenenti alla 92^ Divisione Buffalo che combatté nella Campagna d’Italia «Capii che dovevo raccontare a tutti le vicende di quei soldati «. Nasce così il documentario storico «Inside Buffalo», in cui il regista bolognese non narra solo delle vicende belliche di quei militari, ma soprattutto il ruolo che ebbero successivamente nella lotta per i diritti civili in USA. Il film in pochissimo tempo è stato pluripremiato e classificato come documentario storico.
«Il quel periodo – ricorda Kuwornu – ho lavorato molto per denunciare la mancanza di stranieri che occupassero ruoli di rilievo nelle grandi società italiani, in modo particolare in quelle dedicate alle comunicazione e all’informazione e cercai di comunicare con alcune forze politiche in modo da coinvolgerli e influenzarli perché si cambiasse tendenza».
Dopo qualche anno arriva un documentario dedicato a sensibilizzare l’opinione pubblica su un altro tema molto vicino al regista: il diritto di cittadinanza per i figli d’immigrati nati o cresciuti in Italia. «18 Ius Soli» colma un vuoto mediatico, raccontata la vita di un milione di ragazzi e ragazze italiani di fatto, ma non di diritto. C’è un filo rosso che lo collega a Inside Buffalo, in entrambi i casi parlo di minoranze che per essere a pieno titolo parte della società devono essere competitive, come se dovessero sempre dimostrare qualcosa».
Ora Kuwornu sta preparando le valigie. «Tra pochi mesi dovrei trasferirmi negli USA per proseguire il lavoro iniziato con Inside Buffalo» e per avviare qualche altro progetto, ma sarò comunque presente anche in Italia perché sento che ho ancora molto da fare qui. Il mio prossimo impegno sarà dedicato alla diversità e all’inclusione di questa nei vari ambiti della società, da quello sportivo a quello imprenditoriale. Mi piacerebbe contribuire all’introduzione della cultura del diversità anche qui in Italia, cosa che negli Stati Uniti è già consolidata da tempo».
Samia Oursana/ Stranieriinitalia.it
18 ius soli trailer italiano. Fred Kuwornu