Porterà avanti a livello mondialele rivendicazioni dei lavoratori domestici, anche alla luce della Convenzione Ilo 286. Un fronte che, per una volta, vede l’Italia in prima linea.
Roma – 26 novembre 2013 – Nel mondo ci sono 53 milioni di colf, badanti e babysitter, soprattutto donne e ragazze, spesso migranti. Lavoratrici e lavoratori che in alcuni Paesi vengono considerati quasi come schiavi. Per tutelarli, ci si sta finalmente muovendo a livello globale.
A fine ottobre a Montevideo, in Uruguay, si sono riuniti i rappresentanti sindacali di oltre 40 Paesi del mondo e hanno dato vita all’ International Domestic Workers Network (IDWN). Il suo scopo è organizzare i lavoratori domestici nel mondo, portare avanti campagne di sensibilizzazione sulla loro condizione e, soprattutto, lottare per i loro diritti.
“Anche se i lavoratori domestici provvedono a servizi essenziali dai quali dipendono le famiglie, come cucinare, pulire e badare ai bambini, per generazioni siamo stati vittime di discriminazione ed emarginazione. Questo deve finire” ha detto Myrtle Witbooi, neopresidente dell’IDWN, anche se è chiaro a tutti che la strada da percorrere è ancora lunga.
Secondo l’ International Labour Organization, quasi il 30% dei lavoratori domestici sono impiegati in Paesi dove non hanno nessuno dei diritti riconosciuti agli altri lavoratori, come il riposo settimanale, un orario massimo giornaliero, uno stipendio minimo o il pagamento degli straordinari. Anche quando sono parzialmente coperti dalla legislazione, vengono esclusi da protezioni chiave come l’età minima per lavorare, l congedo di maternità o la previdenza sociale.
Per molti governi il rapporto di lavoro domestico rientra tra i rapporti informali, nei quali lo Stato non può mettere il becco. Senza tutele legali, le lavoratrici sono in completa balìa dei datori di lavoro, nascoste tra le mura di casa, spesso recluse e vittime, oltre che di sfruttamento lavorativo, tra stipendi non pagati e orari disumani, anche di violenza e molestie sessuali.
È per combattere questa situazione e grazie all’impegno delle associazioni confluite nell’ International Domestic Workers Network che è nata la Convenzione ILO 286 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, in vigore dal 5 settembre scorso. Dice che quello della colf, della badanti o della babysitter è un lavoro come gli altri e merita analoghe tutele.
I ventisette articoli della Convenzione (QUI IL TESTO IN ITALIANO) ribadiscono concetti che solo a chi non conosce la condizione di milioni di lavoratori domestici nel mondo possono apparire scontati. Aboliscono, ad esempio, il lavoro forzato e il lavoro minorile, dicono che la paga deve essere in denaro, sanciscono il diritto al riposo settimanale o ad associarsi in un sindacato e prevedono un paga minima senza discriminazioni basate sul sesso.
Per una volta, l’Italia è all’avanguardia: siamo uno dei dieci Paesi del mondo, il primo in Europa, ad aver già ratificato la convenzione. Un primato che viene segnalato nel rapporto “Claiming rights” pubblicato da Human Right Watch in occasione del Congresso di Montevideo, insieme agli aumenti e alle altre novità previste dal rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro domestico firmato quest’anno da sindacati e associazioni datoriali.
Non è, comunque, il caso di cullarsi sugli allori. Perché se in Italia ci sono ancora da fare importanti passi avanti per i lavoratori regolari (ad esempio sul fronte della tutela della maternità), la vera sfida è rappresentata dall’area del sommerso, che nel settore domestico ha un’incidenza record e dove certo non arrivano la Convenzione Ilo e la contrattazione collettiva.