La spesa farmaceutica a carico del Ssn è di 72 euro per ogni cittadino straniero, contro i 97 euro degli italiani. “Attenzione a chi accede poco o per nulla alle cure”. Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità.
Roma – 5 marzo 2013 – Anche se non ci sono differenze significative tra immigrati e italiani nell’utilizzo di farmaci, gli stranieri incidono molto meno sulla spesa farmaceutica complessiva a carico del Sistema Sanitario Nazionale: appena il 2,6% del totale, a fronte di un’ incidenza del 7,5% sulla popolazione.
È quanto si legge in «Farmaci e immigrati: Rapporto sulla prescrizione farmaceutica in un paese multietnico», presentato ieri a Roma e redatto in collaborazione fra l’Istituto superiore di sanità, la Società italiana di farmacia ospedaliera, la Società italiana di medicina delle migrazioni, la Cineca e il Consorzio Mario Negri Sud.
Per la ricerca sono state identificate 710.879 persone, pari al 16% della popolazione immigrata residente in Italia. L’età media è di 33 anni, le donne rappresentano il 53% del totale. I dati analizzati sono quelli relativi alla prescrizione farmaceutica territoriale del Ssn (prevalentemente effettuata da parte di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta). Il confronto è stato fatto con un campione della popolazione italiana pari per età e sesso. Sono inoltre stati effettuati confronti fra le popolazioni di immigrati in base al Paese di origine.
Il 52% della popolazione immigrata e il 59% di quella italiana hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nel corso del 2011. In media, la spesa farmaceutica a carico del Ssn nel corso dell’anno è stata di 72 euro per un cittadino immigrato e di 97 euro per un cittadino italiano. Una stima complessiva ha evidenziato che in Italia, nel 2011, la spesa farmaceutica Ssn della popolazione immigrata sia stata di 330 milioni di euro, pari al 2,6% della spesa farmaceutica complessiva (a fronte di una popolazione immigrata che nel 2011 era pari al 7,5% dei residenti in Italia).
Come avviene tra gli italiani, anche tra gli immigrati, le donne consumano più farmaci rispetto agli uomini: hanno ricevuto almeno una prescrizione il 58% delle donne immigrate e il 65% delle italiane. Fra coloro che hanno ricevuto prescrizioni, la durata di trattamento è sovrapponibile: 232 e 237 dosi di farmaco per persona.
La popolazione immigrata pediatrica esaminata è stata di 134.000 bambini, dei quali il 76% nato in Italia. Di questi ultimi, oltre la metà, per l’esattezza il 54%, ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nell’anno, a fronte del 60% dei bambini italiani. In media ciascun bambino immigrato ha ricevuto 2,4 confezioni rispetto a 2,6 degli italiani.
Gli immigrati, rispetto agli italiani, usano più antidiabetici (1,6% rispetto a 1,1%), gastroprotettivi (10,3% vs 8,7%) e antiinfiammatori (11,3% vs 8,3%). Gli italiani utilizzano più farmaci contro l’ipertensione (7,6% vs 6,5%) e l’ipercolesterolemia (2,4% vs 1,9%), antibiotici (36,6% vs 31,9%), farmaci contro i sintomi dell’asma e della Bpco (12,2% vs 8,1%). La prevalenza d’uso di antidepressivi è circa doppia nella popolazione italiana (3,9% vs 2%).
Cinesi e kosovari sono i minori utilizzatori di farmaci: tra loro, solo il 36% dei cittadini ha ricevuto almeno una prescrizione da parte del Ssn nel corso del 2011. Sono invece sostanzialmente sovrapponibili alla popolazione italiana, intorno al 60% degli assistibili, le prevalenze negli immigrati provenienti da Perù, Nigeria, Marocco, Bangladesh e Albania. Esiste infine una significativa variabilità nei livelli di prescrizione delle 32 Asl incluse nello studio: non tra immigrati ed italiani, ma tra Asl medesime per entrambe le popolazioni.
«La sanità pubblica italiana si dimostra ancora una volta, come è nella sua tradizione, solidale con una delle fasce più deboli della popolazione – afferma Enrico Garaci, Presidente dell’Iss – e per di più in un periodo come l’attuale, di crisi economica e perciò di tagli e ristrettezze, mostrando così la forza del nostro Sistema solidaristico e universale».
«Questa prima e positiva valutazione » dichiara Giuseppe Traversa, ricercatore dell’Iss » non ci deve, tuttavia, far abbassare la guardia soprattutto nei riguardi di quella parte di popolazione immigrata che accede poco o per nulla alle cure, in particolare cinesi e kosovari, per i quali occorre lavorare di più all’integrazione e alla mediazione linguistico-culturale, ma anche nei confronti di tutti quegli immigrati che non “emergono”, e che perciò non fanno parte di questa indagine, pur avendo diritto alle cure di emergenza e alle cure salvavita».
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«Farmaci e immigrati: Rapporto sulla prescrizione farmaceutica in un paese multietnico»