Se i cori razzisti fanno uscire la squadra dal campo, la battuta di Paolo B. dovrebbe lasciare Super Mario in panchina. A meno che il vicepresidente non faccia un passo indietro.
Roma – 7 febbraio 2013 – Se per un coro che arriva dagli spalti si può fermare una partita, per una frase razzista del vicepresidente della tua squadra la partita non va nemmeno giocata.
Mario Balotelli non ha ancora reagito alle parole di Paolo Berlusconi. Eppure, nel giro di pochi giorni, il colpo di mercato che dovrebbe risollevare le sorti della squadra in campionato (e, secondo alcuni osservatori, regalare anche due punti di consenso al Pdl alle prossime elezioni) è diventato, per uno dei suoi massimi dirigenti, il “negretto di famiglia”.
È passato solo un mese dalla scelta della Milan di abbandonare il campo a Busto Arsizio perché i tifosi della Pro Patria chiamavano negro Kevin-Prince Boateng.
“Un gesto di solidarietà verso un uomo vittima di beceri insulti esclusivamente per il colore della sua pelle” certificò il giudice sportivo. E Berlusconi Silvio commentò: “Si tratta di episodi incivili, offendono il calcio e lo sport intero. Il Milan sarà sempre disposto, anche in match internazionali, a lasciare le partite per episodi del genere».
Appena un mese fa, ma sembrano anni luce. Per Berlusconi Paolo non c’è un negro, ma un negretto, come un colonialista poteva chiamare il ragazzino che gli serviva da bere sotto una tenda. O il padrone di una campo di cotone lo schiavo che gli spazzava la terrazza. Paternalismo bianco da milleottocento nel duemilaetredici. In un appuntamento elettorale. Tra le risate dei presenti. Venite a vedere il negretto di famiglia, ce l’abbiamo in casa, senza guinzaglio. E c’è pure chi ha il coraggio di liquidarla come “una gaffe”…
A Mario Balotelli, forse, non ha dato nemmeno fastidio, abituato com’è a insulti più violenti. Essere un campione significa però anche interpretare tutto il ruolo del campione, combattere battaglie che chi non ha la tua visibilità, ma in te si riconosce, non può combattere da solo. Indignarsi per ciò che indignerebbe i tanti che sognano di essere Mario Balotelli, magari anche solo perché hanno la pelle dello stesso colore.
L’Italia è piena di “negretti”. Sui campi di calcio, ma soprattutto per le strade e nelle scuole. Quanti di questi sapranno ignorare chi li chiama, tra le risate, il “negretto del quartiere” o il “negretto della classe”? È per loro che domenica prossima Mario Balotelli non dovrebbe scendere in campo. Rimanga in panchina, come un guerriero offeso, come Achille rimase nella sua tenda di fronte alla tracotanza di Agamennone.
Il negretto di famiglia sciopera, incrocia i piedi: così imparate, cari padroni, attenti alle parole. A meno che non sia il vicepresidente a fare un passo indietro. Berlusconi Silvio dice che di fronte al razzismo il Milan deve lasciare il campo. Berlusconi Paolo, dopo aver chiesto scusa, non dovrebbe coerentemente lasciare il Milan?
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C.Z.León