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Banda di bulli a Roma piazza bologna, involucrati due ecuadoriani, due pachistani e un egiziano

ROMA, MINACCE E BOTTE AI RAGAZZINI: PRESI SEI BULLI. «RUBAVANO SOLDI E OGGETTI».

8 APRILE 2013 – Spietati e violenti, terrorizzavano da anni i “rampolli” della Roma-bene, loro coetanei. I malcapitati (tutti studenti residenti nella zona di piazza Bologna) erano trattati dai bulli come dei veri e propri “schiavi”: venivano quindi puniti a suon di botte e vessazioni ogni che osavano ribellarsi alla banda. Dopo un’indagine durata quattro mesi, ma riguardante fatti accaduti almeno dal 2012, sono stati eseguite dai carabinieri sei ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettanti giovanissimi, cinque dei quali minorenni. Il maggiorenne è un ragazzo di 18 anni anche lui abitante a piazza Bologna ed è l’unico italiano del gruppo.

I minorenni sono tutti stranieri: due ecuadoregni, due pachistani e un egiziano. I sei avevano finito le scuole medie e passavano le giornate bighellonando e spendendo quanto riuscivano ad estorcere alle loro vittime, costrette non solo a consegnare periodicamente denaro (anche 300 euro alla volta, accumulo delle paghette settimanali), ma anche telefonini, profumi, oro, scarpe, giubbini e altri oggetti griffati o di valore. Un ragazzino, in un’occasione, è stato ad esempio costretto a rubare due braccialetti dalla cassaforte che i genitori tenevano in casa. Altre vittime venivano costrette a recarsi negli esercizi commerciali per comprare da bere e da mangiare per i componenti della banda. In più occasioni, i bulli realizzavano video dei pestaggi. Oppure obbligavano le vittime a ripetere davanti alla video-camera di non valere nulla.

Le minacce avvenivano di solito faccia a faccia, ma anche attraverso Facebook e altri social network. Nessuna vittima, per paura, confidava quanto subito ai genitori e soltanto a gennaio di quest’anno un 14enne ha avuto la forza di ribellarsi. I bulli, al suo rifiuto di consegnare l’ennesima somma di denaro, gli avevano detto: «Veniamo sotto casa tua con il ferro», intendendo per “ferro” la pistola. E a quel punto il ragazzo, terrorizzato, ha deciso di raccontare tutto ai familiari che si sono rivolti ai carabinieri.

Leggo 

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