Indagati alcuni poliziotti di San Basilio – Roma, la donna ha registrato gli abusi subiti con un apparecchio sistemato in camera da letto che era detenuta ai domiciliari.
22 Julio 2013 – Non ci sono solo i quattro «poliziotti cattivi» della Squadra Mobile, sotto la lente della Procura di Roma. Ora all’attenzione dei pm sono finiti anche due loro colleghi del commissariato San Basilio, denunciati da una donna ai domiciliari che ha raccontato una storia agghiacciante: la notte tra il 2 e il 3 giugno, i due agenti avrebbero abusato di lei, proprio nelle ore in cui la «squadretta punitiva» della Mobile veniva portata a Regina Coeli con l’accusa di aver taglieggiato i commercianti stranieri della Capitale. E adesso anche Sandro Contrado e Alessandro Stronati, rispettivamente assistente capo e collaboratore tecnico della polizia di stato, si trovano indagati con un’accusa decisamente pesante: violenza sessuale di gruppo ai danni di una ventiseienne cubana difesa dall’avvocato Stefano Giorgio. Agli atti dell’inchiesta, condotta dal pm Francesca Passaniti, ci sono le registrazioni ambientali delle presunte violenze, realizzate dalla stessa donna. Su questo caso, però, gli inquirenti stanno procedendo con estrema cautela: le registrazioni potrebbero rivelarsi un vero e proprio boomerang per la ragazza. Il sospetto, che verrà sciolto nei prossimi giorni, è che la straniera possa aver architettato un piano, invitando gli agenti a consumare un rapporto, e poi incastrandoli per poterli ricattare.
L’ARRESTO
La vittima era finita in manette in marzo, insieme al marito, con l’accusa di sfruttamento della prostituzione. I due gestivano un locale, La Mimosa, rivelatosi una sorta di «casa chiusa», con ragazze che offrivano sesso a pagamento. Il club era stato chiuso proprio nel corso di un’operazione degli agenti del commissariato San Basilio: in quell’occasione, avrebbe visto per la prima volta i due uomini in divisa che ora descrive come suoi «aguzzini».
LA VIOLENZA
A inchiesta conclusa, la donna era finita ai domiciliari e il 2 giugno, alle nove di sera avrebbero bussato i due agenti: con la scusa di dover effettuare una perquisizione, avevano avvisato la detenuta che sarebbero tornati dopo mezzanotte. E così avevano fatto: si erano ripresentati in abiti civili e avrebbero abusato della straniera, ripetutamente, lasciando una sfilza di tracce che sono già state esaminate dalla polizia scientifica. «Acqua in bocca, se no diciamo che sei evasa e ti spediamo a Rebibbia», avrebbero detto prima di andarsene. Quello che i poliziotti non sapevano, è che la straniera aveva nascosto nell’appartamento un registratore, procurandosi così una serie di intercettazioni ambientali, ora agli atti dell’inchiesta.
Messaggero